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Cassazione

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Infortunio: Cassazione a Poste Italiane impone reintegro al posto di lavoro

Il diritto alla conservazione del posto di lavoro, in caso di assenza prolungata per infortunio professionale, vale per tutto il periodo di comporto (numero di assenze possibile) previsto dal Contratto Collettivo di riferimento.

La perdita del diritto, quindi,  scatta se l'assenza dal lavoro oltrepassa il limite di 24 mesi entro l'arco massimo di 48 mesi. E' quanto ha stabilito la sentenza della Corte di Cassazione n. 7821/13 del 28 marzo, con la quale è stato respinto il ricorso di Poste Italiane contro i giudizi di primo e secondo grado espressi dal Tribunale di Taranto e della Corte di Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, che avevano annullato il licenziamento intimato ad un dipendente delle poste, vittima di un incidente. 

Cosa era successo? Nel dicembre 2000, il lavoratore subisce un infortunio sul lavoro per il quale viene diagnosticata una inabilità temporanea che si protrae fino al marzo 2002, ma per l'Inail il lavoratore è guarito già nel gennaio 2001, così come certificano i suoi medici, per i quali “l'affezione di cui soffriva il lavoratore non era ascrivibile all'infortunio subito, ma era favorito da da una personalità premorbosa”; cioè il dipendente di Poste Italiane aveva condizioni di salute precarie precedenti all'evento infortunistico; da qui la decisione di Poste di procedere con il licenziamento sulla base del superamento del periodo di comporto (di assenze possibili) massimo di due anni.

La Cassazione, invece, ha ritenuto infondate le motivazioni di Poste Italiane per quanto riguarda il periodo di comporto, poiché dice. “in caso di infortunio o di malattia professionale per il calcolo del periodo di comporto di 24 mesi non bisogna tener conto dei primi 16 mesi successivi all'evento, durante i quali il lavoratore era già stato riconosciuto inabile temporaneo, così come previsto da contratto; pertanto questo periodo non può considerarsi utile al raggiungimento dei due anni di periodo di comporto oltre i quali decade il diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Inoltre, la Corte ha sottolineato un dissenso diagnostico tra ciò che hanno denunciato i medici Inail e le effettive condizioni di salute del lavoratore.  
Da ciò è scaturita la condanna di Poste Italiane che dovrà provvedere a reintegrare il lavoratore nel proprio posto di lavoro e a pagare le retribuzioni a partire dal giorno di licenziamento fino alla data di reintegro. 

Si tratta di un precedente giurisprudenziale importante che rafforza il valore della tutela  del lavoratore, ultimo regalo che, Giovanni Del Vecchio, deceduto il primo maggio, ha voluto lasciare dopo cinquanta anni di impegno come avvocato della Cgil difensore di tante cause che hanno lasciato il segno.


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